Corriamo per l’autismo. La scrittura è una delle più grandi conquiste dell’umanità, esiste un’ infinità di prove schiaccianti che lo testimoniano, pure quest’uomo che sciancato di fatica cerca un traguardo ne è un pacato testimone. Sorrido. Oggi è il turno di Villa Ada e di Corriamo per l’autismo, un’iniziativa che non ci trova impreparati, anzi partecipi con un entusiasmo appena imbronciato dalla difficoltà del percorso. Posteggiamo il taxi di Roberto davanti alla caserma dei carabinieri in un anticipo di tempo assolutamente ragionevole. Intercettiamo un fiume di gente che scorre in discesa. Ci cresce davanti un laghetto e una simultanea e gradevole macchia verde fatta di alberi centenari. Dimentichiamo per un momento la nostra incomunicabilità e una ragazza ci indica la tenda dell’iscrizione. Tommaso di Cat Sport ci riconosce e ci saluta con gentile entusiasmo, lui è lì con i suoi ragazzi per dare aiuto e per fare la gara. Ci iscriviamo alla non competitiva con l’idea di correre tutti gli otto chilometri con passo lieve e non secondo il dettato del nobile agonismo. C’è molta serenità in tutti, organizzatori e concorrenti. Con posa cinematografica ci posizioniamo in fondo, affascinando un paio di cagnolini numerati. Il parco è bello e il percorso di lusso. Due giri, si sale e si scende. Uno scambio a metà del primo giro ci devia in perfetta campestre tra foglioline dentellate di cicoria, margheritine bianche, e una coppia inseparabile di scoiattoli su un ramo di quercia. Lo strampalato piano della natura di sedurci riesce perfettamente, per pochi minuti siamo in stravagante imbarazzo a dimostrazione della nostra non visionaria sensibilità. Al secondo giro ci confrontiamo con la partenza della vera non competitiva: genitori con i loro ragazzi e con tutte le difficoltà alle quali è intitolata la corsa. Prendo le distanze dalla mia solita fantasiosa narrazione e racconto il vero… Un bambino con la maglietta celeste della gara urlando qualcosa mi sguscia accanto, mi afferra sottobraccio e percorre un centinaio di metri con me. Il padre lo rincorre, lo sgrida, gli impone di andar piano. Si stacca. La salita diventando più impervia smaschera il mio peso, la possibilità di conciliare un ritmo progressivo diventa inesistente. Il bambino autistico mi è di nuovo accanto e di nuovo sottobraccio, spietatamente brillante e sorridente. Mi guarda, spia la mia fatica. Mi aiuta, è lui la mia guida. Con precisione arriva il padre protettivo. Gli dico di stare tranquillo, sono contento di correre con il bimbo anche se non capisco perché ha scelto me. Mi sorride e sparisce con lui alle mie spalle. L’ultima parte in discesa corteggia le mie facoltà perdute di sprinter. La piazzata dell’arrivo è cangiante sotto un sole animalesco che con disinvoltura sorpassa le nuvole. Sospiri lunghi, respiri affannati del caleidoscopio umano, teatrale, colorato, quasi dispiaciuto del traguardo. Prati Fiscali è una bel posto e c’è bella gente. Ci fermiamo per il solito caffè di commiato e il realismo romantico di un cornetto in barba alla linea. Insieme a noi entrano nel bar due ragazzi di colore sorridenti, qui non siamo in periferia, non hanno nulla da temere, il lato cattivo dell’uomo e i suoi dispetti sono ben lontani. Decrittata la nostra serenità, a malincuore, torniamo in un posto dove ci piacerebbe non tornare.